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Cancel Culture: significato, origini e controversie

Maggio 6, 2024 /

Negli ultimi anni è salita alla ribalta negli Stati Uniti d’America (e non solo) la cosiddetta “Cultura della Cancellazione“, suscitando non poche problematiche e critiche. Ma che cos’è la Cancel Culture? Come si è affermata? Quali sono i casi più clamorosi di “cultura dell’annullamento”? Quali sono le principali reazioni e movimenti che ha provocato? Su quale background culturale si innesta? Vediamo di scoprirlo in questo articolo di approfondimento.

Significato della Cancel Culture

La Cancel Culture è una pratica secondo la quale si ritiene giusto o appropriato boicottare, ostracizzare, censurare o estromettere dal dibattito pubblico gli individui che avrebbero agito in modo inaccettabile, o comunque espresso opinioni in grado di urtare la sensibilità di alcuni. Spesso, a determinare l’inaccettabilità di un’opinione sono i dettami del politicamente corretto (politically correct) o la volontà di tutelare minoranze o soggetti storicamente sotto-rappresentati.

Questa forma di ostracismo si applica non solo alle persone ma anche a fatti storici, opere letterarie, personaggi illustri del passato, nonché a statue e monumenti. Queste cancellazioni di massa vengono utilizzate non solo per esprimere disapprovazione ma anche per esercitare pressioni sociali.

Critical Race Theory

Come accennato, tali operazioni di cancellazione nascono spesso dalla volontà di difendere e affermare i diritti di minoranze sotto-rappresentate e si fanno spesso portatrici di una visione della storia e della cultura alternativa a quella canonica. Quest’ultima infatti viene sovente accusata di considerare la civiltà occidentale superiore rispetto alle altre (occidentalismo), oltre a essere tacciata di colonialismo e razzismo sistemico.

Una nota disciplina accademica che esprime questa visione è la Critical Race Theory (CRT), che tende a rileggere la storia sociale e politica dal punto di vista delle ingiustizie razziali (ne ho già parlato anche nell’articolo su Black Lives Matter). Tale disciplina è stata molto criticata in quanto, secondo vari osservatori, ridurrebbe in modo troppo semplicistico gli avvenimenti storici e sociali esclusivamente a dinamiche di tipo razziale; inoltre molti l’hanno accusata di alimentare ulteriormente i conflitti fra etnie fino a promuovere una sorta di razzismo al contrario contro i bianchi.

DisruptTexts

#disrupttexts

In questo contesto assume visibilità anche il movimento DisruptTexts (#DisruptTexts), che si propone di rinnovare il canone letterario tradizionale attraverso una lente critica antirazzista e antibias (contro i pregiudizi legati a etnia, genere, orientamento sessuale e altre categorie sociali). Su tali basi si incoraggiano gli insegnanti a rivalutare i testi classici comunemente insegnati nelle scuole, a “decolonizzarli”, o a rimuoverli in favore di altre opere che diversifichino i punti di vista.

L’obiettivo è ridurre la predominanza di testi che potrebbero perpetuare stereotipi razziali o di genere e sostituirli con opere che promuovono una comprensione più equa e inclusiva della società​. Tale movimento ha portato alla rimozione dal curriculum scolastico (o perlomeno alla messa in discussione) di grandi autori del passato, fra cui (per citare solo alcuni esempi) Omero, Shakespeare, Mark Twain e James Joyce.

La scrittrice Padma Venkatraman ha espresso con chiarezza questo punto di vista nel suo articolo pubblicato sullo School Library Journal:

sfidare i vecchi classici è l’equivalente letterario della sostituzione di statue di figure razziste

Padma Venkatraman, 19 giugno 2020, Weeding Out Racism’s Invisible Roots: Rethinking Children’s Classics

A questo movimento sono state rivolte molte critiche, fra cui il tentativo di compiere una riscrittura selettiva della storia, che porta come esito all’abbassamento della qualità dell’istruzione, all’ideologizzazione dell’insegnamento letterario e alla limitazione della libertà accademica.

Cultura Woke e DEI

stay woke

Il contesto di riferimento in cui la Cancel Culture si muove è la cosiddetta cultura Woke, espressione divenuta popolare grazie a Black Lives Matter, e che fa riferimento alla necessità di stare all’erta (stay woke), vigilare sulle ingiustizie sociali, soprattutto quelle di natura razziale, ma non solo: tutte le discriminazioni subite da minoranze, o quelle imputabili a sessismo, disabilità o genere, rientrano nelle battaglie per l’inclusività della filosofia Woke.

Il concetto a cui si fa riferimento è riassunto dalla sigla DEI (Diversity, Equity, Inclusion), i cui principi sono intesi a promuovere un ambiente lavorativo e accademico che valorizzi attivamente le differenze individuali ed elimini le barriere che impediscono la piena partecipazione di tutti gli individui. Ecco una spiegazione sintetica degli stessi principi:

  • Diversity: valorizzazione delle differenze come etnia, genere, orientamento sessuale, status socioeconomico, lingua, cultura, origine nazionale, religione e disabilità;
  • Equity: trattamento giusto e imparziale per tutti, cercando di identificare ed eliminare le discriminazioni che possono impedire la piena partecipazione di alcuni gruppi;
  • Inclusion: creazione di ambienti in cui qualsiasi individuo o gruppo possa sentirsi accolto, rispettato, supportato e valorizzato in modo da poter contribuire attivamente.

Per portare avanti questi principi esistono nelle università americane delle strutture organizzate apposite, spesso chiamate ODEI (Office of Diversity, Equity and Inclusion), le quali si muovono attraverso politiche, programmi e iniziative che cercano di ridurre i pregiudizi, aumentare la rappresentanza e la partecipazione di gruppi diversificati e migliorare le interazioni e il dialogo.

Tuttavia non di rado l’operato del DEI è stato criticato per le sue operazioni di censura, che avrebbero portato a destabilizzare il clima nelle università americane. Un caso molto conosciuto è quello di Harvard, in cui l’imprenditore, ex alunno e donatore Bill Ackman ha accusato il DEI di aver represso la libertà di parola e di aver adottato una sorta di razzismo al contrario, per il quale le discriminazioni verso i bianchi sarebbero tutto sommato accettabili.

Origine della Cancel Culture

L’utilizzo del termine “cancel” per censurare persone, aspetti o cose è di molto precedente al fenomeno della Cancel Culture in senso stretto (molti citano a titolo esemplificativo la canzone Your Love Is Cancelled del 1981 degli Chic) tuttavia il significato che il termine ha acquisito durante gli anni ’10 del 2000 è molto più profondo e carico di implicazioni sociali.

Le origini della Cancel Culture si tendono a far risalire alla community online denominata Black Twitter: fu in quest’ambito infatti che si diffuse su larga scala l’utilizzo del termine “cancel” per esprimere pubblicamente la volontà di non sostenere una persona il cui comportamento era stato percepito in qualche modo come offensivo.

Oltre al Black Twitter, anche altri fenomeni sociali hanno influito sullo sviluppo di questa prassi, ad esempio i movimenti #MeToo e Black Lives Matter. Vediamoli più in dettaglio:

Black Twitter

Il Black Twitter nasce nel 2010 come comunità virtuale costituita prevalentemente da utenti afroamericani della piattaforma Twitter, concentrata su temi di particolare rilevanza per la comunità nera, come l’identità razziale e la giustizia sociale.

Il movimento guadagnò particolare notorietà a partire dal 2013, grazie a una serie di atti di protesta e indignazione che portarono a effetti considerevoli. Fra i più noti ci sono le rimostranze nell’ambito del Processo a George Zimmerman.

Il 12 aprile 2012 un ispanico di nome George Zimmerman venne accusato di aver ucciso l’adolescente afroamericano Trayvon Martin. L’imputato fu assolto in un processo controverso e quando un membro della giuria prese accordi con un editore di Seattle per la scrittura di un libro, le proteste e l’indignazione di Black Twitter riuscirono a bloccare l’iniziativa editoriale.

#MeToo

#metoo
Manifestazione a San Francisco

Il movimento “Me Too” è stato fondato da Tarana Burke nel 2006, un’attivista che aveva subito in prima persona violenze sessuali. Lo scopo del movimento è quello di supportare soprattutto giovani donne afroamericane vittime di violenza sessuale, offrendo loro risorse e sostegno psicologico.

Il termine “Me Too” venne usato per la prima volta dalla Burke su internet per esprimere solidarietà e supporto alle vittime di abusi sessuali, fungendo da ponte di empatia e consapevolezza condivisa​​. Il movimento acquisì poi notorietà globale il 15 ottobre 2017, quando l’attrice Alyssa Milano scrisse su twitter: “Se avete subito aggressioni sessuali, rispondete a questo tweet scrivendo #MeToo“. Il post diventò incredibilmente virale, portando milioni di persone a condividere le loro storie e a sensibilizzare sul tema.

Vi sono tuttavia anche numerose controversie intorno al movimento fondato dalla Burke:

  • Accuse false e giustizialismo: il movimento è stato spesso percepito come troppo veloce nel giudicare e condannare pubblicamente individui basandosi su accuse non sempre supportate da prove concrete. Questa rapidità nel “cancellare” le persone senza prove a supporto ha portato alcuni a identificare il movimento come una sorta di “caccia alle streghe” moderna.
  • Polarizzazione fra uomini e donne: alcuni sostengono che il movimento abbia creato una divisione tra generi, aumentando la polarizzazione senza favorire un dialogo costruttivo. Inoltre, il timore di false accuse ha portato a una certa riluttanza nel mondo del lavoro, con uomini che hanno espresso preoccupazione nell’assumere o lavorare a stretto contatto con donne per paura di possibili accuse​​ infondate.

Black Lives Matter

simbolo di black lives matter

Nato nel 2013, in seguito all’assoluzione di George Zimmerman, il movimento BLM si prodiga per i diritti dei neri, con la ferma volontà di denunciare gli episodi di razzismo e discriminazione e promuovere l’antirazzismo. Nell’ambito degli episodi di violenza razziale, il Black Lives Matter si è concentrato in particolare su quelli derivanti dall’operato delle forze di polizia: ad esempio gli omicidi di Michael Brown, Eric Garner e George Floyd.

Nel 2014, in seguito alla morte di Michael Brown, il movimento Black Lives Matter adottò il termine Woke per enfatizzare la necessità di consapevolezza e azione contro l’ingiustizia razziale. Per combattere gli episodi brutali perpetrati dalla polizia nacque anche lo slogan Defund the Police, con l’idea di togliere i fondi destinati alle forze dell’ordine e redistribuirli verso altri servizi pubblici.

Il movimento Black Lives Matter si è reso protagonista anche di episodi di iconoclastia, vandalizzazione e rimozione di statue e monumenti del passato storico americano, accusati di rappresentare una mentalità razzista, schiavista o colonialista. Inoltre, in molti casi, i suoi attivisti sono stati accusati di mettere a tacere le voci discordanti e reprimere la libertà accademica. Per informazioni più dettagliate sugli aspetti controversi del movimento si veda il già citato articolo su Black Lives Matter.

Esempi di Cancel Culture

Cerchiamo di mettere in risalto alcuni casi di Cancel Culture:

Statue abbattute

Statua Cristoforo Colombo abbattuta
Foto di Tony Webster

In seguito all’omicidio di George Floyd, ucciso in seguito a un arresto da un poliziotto di Minneapolis, si scatenarono grandi proteste sia pacifiche che violente. In molti casi vennero prese di mira statue e monumenti, ritenuti l’emblema di un passato razzista, schiavista e colonialista, che vennero rimosse, vandalizzate o distrutte.

Gran parte delle statue rimosse raffiguravano generali o esponenti della causa confederata (ad esempio il Generale Robert E. Lee, il Capitano Charles Linn, l’ammiraglio Raphael Semmes, il soldato Sam Davis, l’ufficiale Richard W. Dowling, il Presidente confederato Jefferson Davis), ma poi il raggio di protesta si ampliò riversandosi anche verso altri personaggi storici.

In primis Cristoforo Colombo, considerato come un simbolo di colonialismo e oppressione, di cui furono abbattuti circa 40 monumenti dal 2018 al 2021, poi vennero prese di mira le statue di coloro che erano ritenuti colpevoli o in qualche modo conniventi delle ingiustizie subite dai nativi, ad esempio il conquistador Juan de Oñate, il missionario Junípero Serra, l’uomo di frontiera Kit Carson e il governatore Diego de Vargas.

A questa lista si aggiunsero altre figure importanti, come i presidenti americani George Washington, Thomas Jefferson e Ulysses S. Grant, nonché Francis Scott Key, colui che scrisse The Star-Spangled Banner, divenuta poi il testo dell’inno nazionale degli Stati Uniti d’America. La principale colpa imputata a questi ultimi personaggi era il fatto di essere stati proprietari di schiavi. Per una lista completa delle statue abbattute rimando alla pagina di Wikipedia dedicata all’argomento.

Casi nelle Università americane

Ecco alcuni casi di Cancel Culture che hanno destato un certo scalpore nell’ambito delle università americane. Mi limito a citarne alcuni, per una panoramica più completa potete consultare il sito The College Fix.

Julie Overbaugh

Nel 2022, dopo la diffusione di un video risalente al 2009 in cui la virologa di chiara fama Julie Overbaugh si era vestita da Michael Jackson per una festa di Halloween, la sua carriera e reputazione furono gravemente danneggiate. Nel video, di 13 anni precedente, la dottoressa si era dipinta il volto di nero (blackface) per emulare il famoso cantante, un gesto che venne considerato razzista, offensivo e discriminatorio, nonostante la Overbaugh avesse dedicato la sua carriera alla lotta contro l’HIV in Africa.

In seguito alla diffusione del video, la Overbaugh venne messa in congedo amministrativo dal Fred Hutchinson Cancer Research Center e dovette lasciare il suo incarico all’Università di Washington. Ecco un estratto dal comunicato del centro di ricerca che la mise in congedo:

La dottoressa Overbaugh si è dimessa dal suo ruolo di vicepresidente senior presso Fred Hutch. Continuerà a lavorare nel suo laboratorio e prenderà una pausa dai suoi compiti di leadership presso l’Ufficio per I’Educazione e la Formazione. Durante questo periodo, sarà impegnata in un intenso processo educativo e di riflessione.

Fred Hutchinson Cancer Center

Carole Hooven

Nel luglio 2021, Carole Hooven, docente di biologia evolutiva a Harvard, intervenne alla trasmissione Fox and Friends, dove difese l’esistenza di due sessi biologici e delle differenze sessuali, ed espresse la sua frustrazione per le pressioni subite nell’utilizzo di terminologie neutre in riferimento al genere, sostenendo come tale prassi provocasse confusione nell’insegnamento scientifico.

A causa di tali dichiarazioni la biologa venne accusata di essere trans-fobica e subì forti pressioni. La difficile situazione la indusse a rassegnare le dimissioni da Harvard, come lei stessa ha spiegato:

Voglio essere chiara sul fatto che Harvard non mi ha licenziato. Non mi hanno “rimosso” dalla mia posizione. Un’altra persona nella stessa situazione potrebbe essere rimasta, ma io non potevo. Il fatto è che non sentivo di poter più svolgere il mio lavoro e mi sentivo emarginata; ma questo non è lo stesso di essere effettivamente costretta a lasciare.

In primo luogo, la mia salute mentale stava peggiorando rapidamente; e in secondo luogo, sembrava evidente che non sarei stata supportata nel proseguire la mia attività di insegnamento, ricerca e scrittura, considerata la mancanza di sostegno pubblico da parte del mio dipartimento e degli amministratori di Harvard in risposta agli attacchi pubblici alla mia persona. (E non potevo nemmeno insegnare il mio corso, poiché per la prima volta in 20 anni nessun studente laureato avrebbe accettato di essere mio assistente insegnante.)

Profilo X di Carole Hooven

Bright Sheng

Nel settembre del 2021, il professore e compositore Bright Sheng della University of Michigan mostrò ai suoi studenti un adattamento cinematografico del 1965 dell’Otello di Shakespeare, nel quale l’attore Laurence Olivier appariva con il viso truccato di nero per interpretare il protagonista. Il professore ricevette molte critiche sia dai suoi colleghi, sia dagli studenti che, nonostante le scuse formali dello stesso Sheng, ne richiesero la rimozione dall’insegnamento, sostenendo che il suo gesto aveva creato un ambiente non più sicuro per gli studenti.​

In seguito a molte pressioni, Sheng decise di non tenere più il suo corso per quel semestre di comune accordo con l’Università, la quale decise di non proseguire con un’indagine formale sul caso. In reazione ai fatti accaduti, l’AFA (Academic Freedom Alliance), organizzazione dedita alla protezione della libertà accademica nelle università, scrisse una lettera di protesta al Preside Mark Steven Schlissel, ecco un estratto:

Scrivo a nome dell’Academic Freedom Alliance per esprimere la nostra ferma convinzione che le azioni dell’università rappresentino una grave violazione dei principi di libertà accademica e una violazione dell’impegno dichiarato dal Michigan stesso verso la libertà di insegnamento […].

Il Board of Regents ha dichiarato che la libertà di parola è uno dei “principi fondamentali dell’appartenenza alla comunità universitaria” e che “l’espressione di diversi punti di vista è della massima importanza” tanto che “la convinzione che un’opinione sia perniciosa, falsa, o in altro modo detestabile, non può costituire motivo di soppressione”.

Keith Whittington, 18 ottobre 2021, lettera dell’AFA al Preside Schlissel

Heather Levine

Nel giugno del 2020, Heather Levine, insegnante di inglese alla Lawrence High School in Massachusetts, ottenne la rimozione del classico l’Odissea di Omero dal curriculum scolastico in quanto, a suo dire, il testo esprimeva razzismo, sessismo, antisemitismo e altre forme di odio che non andrebbero insegnate nelle scuole. Questo è il tweet con cui comunicò con orgoglio la rimozione dell’autore classico:

Hahaha, sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Odissea dal curriculum!

Heather Levine, tweet del 4 giungo 2020

L’inizia della Levine subì critiche significative, fra cui quella del giornalista Giulio Meotti, che la definì “la più grottesca follia della cancel culture americana“.

Erika López Prater

Nel 2022, Erika López Prater, insegnante di storia dell’arte all’Hamline University in Minnesota, è stata al centro di una controversia dopo aver mostrato un dipinto raffigurante Maometto durante una lezione online. La Prater aveva incluso nel suo syllabus un avviso preventivo sull’esposizione di immagini religiose e aveva dato agli studenti la possibilità di non partecipare alla lezione specifica.

Nonostante ciò, una studentessa musulmana presentò un reclamo, sostenendo che l’esibizione del dipinto fosse offensiva e l’università decise di non rinnovare il contratto della Prater per il semestre successivo, motivando la decisione con l’accusa di Islamofobia, sebbene questa interpretazione venisse poi riconsiderata dall’università stessa.

Molte personalità del mondo accademico criticarono la scelta dell’Università chiedendo la reintegrazione della Prater; fra di esse vi fu anche l’ex Preside della Facoltà, che espresse il suo giudizio in una lettera pubblicata sul Minneapolis Tribune:

In qualità di Preside emerita dell’Università di Hamline, sono preoccupata per l’effetto sulla reputazione dell’Università derivante dal recente incidente in cui il contratto di una professoressa d’arte non è stato rinnovato e per l’opportunità mancata per gli studenti di comprendere ed espandere la propria conoscenza dell’arte e della storia islamica.

Generazioni di docenti di Hamline hanno insegnato con la convinzione che aderire alla linea luminosa della libertà accademica e sostenere gli studenti non si escludano a vicenda. […] è tempo che l’università reintegri la professoressa e utilizzi questo incidente come un’opportunità di discussione, apprendimento degli studenti e sostegno alla libertà accademica.

Linda Hanson, lettera al Minneapolis Tribune, 11 gennaio 2023

Fieldston Upper di New York

Alla Fieldston Upper di New York, come tentativo di inclusività e di de-costruzione della “whiteness” nell’istruzione, le leggi della fisica comunemente note come “leggi di Newton” sono state rinominate in “le tre leggi fondamentali della fisica”. Ecco le parole di uno studente:

Non le chiamiamo più leggi di Newton, le chiamiamo le tre leggi fondamentali della fisica. Dicono che dobbiamo “decentrare il whiteness” e noi dobbiamo riconoscere che in fisica c’è molto più che solo Newton.

The Miseducation of America’s Elites, articolo di Bari Weiss, 10 marzo 2021

Film Disney e letteratura per bambini

disney cancel culture

La Cancel Culture ha influenzato anche la famosa compagnia di Walt Disney, portando alla revisione di alcuni contenuti di classici che, secondo l’ideologia del politically correct, potrebbero essere percepiti come offensivi o stereotipati. Ad esempio, film animati come Peter Pan, Gli Aristogatti e Dumbo sono stati criticati per rappresentazioni razziste e stereotipate di certe culture e gruppi etnici.

In risposta a tali critiche, Disney ha introdotto sulla sua piattaforma Disney+ i cosiddetti trigger warning, avvisi di contenuto negativo, che recitano quanto segue:

Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazioni o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo.

Disney si impegna a creare storie con temi ispiratori e aspirazionali che riflettano la ricca diversità dell’esperienza umana in tutto il mondo.

Questi e molti altri cartoni animati sono stati rimossi anche dal profilo under 7 della piattaforma Disney+, mentre rimangono visibili a chi accede con il profilo standard, con lo scopo di usarli come spunto per stimolare conversazioni e riflessioni per un futuro più inclusivo.

Tuttavia in alcuni casi la Disney ha deciso anche di rimuovere dei contenuti: è il caso di alcuni fumetti di Zio Paperone, che non verrano più ristampati in quanto non riflettono più la linea “inclusiva” della compagnia. Questa è la lettera che la grande azienda ha inviato di recente al fumettista Don Rosa per comunicargli la rimozione di 2 sue opere dal catalogo Disney:

Come parte del suo costante impegno per la diversità e l’inclusione, The Walt Disney Company sta rivedendo la propria libreria. Di conseguenza, alcune storie che non sono in linea con i nostri valori non verranno più pubblicate. Questo vale per 2 delle tue storie classiche, che non faranno parte di eventuali ristampe o nuove collezioni.

“Zio Paperone non è in linea”, la cancel culture non conosce freni, Il Foglio, 17 febbraio 2023

Le stesse produzioni Disney nel periodo post-pandemia sono state influenzate dal politically correct e dalla cultura cosiddetta Woke, in particolare nel tentativo di veicolare messaggi di inclusione e giustizia sociale. Tuttavia questa nuova rotta percorsa dalla Disney non sembra esser stata particolarmente apprezzata dagli spettatori, come testimoniato dai cali degli incassi. Questo sta portando l’azienda a rimettere in discussione la propria strategia, come ben espresso dalle parole del CEO Bob Iger: “dobbiamo pensare ad intrattenere non ai messaggi“.

L’influsso della Cancel Culture sull’intrattenimento per bambini è andato anche oltre la sfera Disney. Il Dr. Seuss, al secolo Theodor Seuss Geisel, autore di Il Grinch, ha subito delle censure per contenuti considerati razzisti o insensibili in alcune delle sue opere; in particolare, ben sei dei suoi libri sono stati ritirati dalla pubblicazione. Beatrice Fini, direttore editoriale della divisione ragazzi della casa editrice Giunti, commentò questa iniziativa come “un modo per mettere le mani avanti“:

Voglio rimanere al di sopra di ogni sospetto, e così elimino tutto ciò che può rivelarsi problematico. Ma se non diamo ai bambini gli strumenti per orientarsi, come avranno la forza di capire le cose che accadono e che non possiamo prevedere?

Perché l’America cancella i libri del Dr. Seuss, l’autore del Grinch, Repubblica, 4 marzo 2021

Un altro autore di romanzi per l’infanzia toccato da quest’ondata di revisionismo è Roald Dahl, autore de La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory). Dopo l’acquisto dei diritti delle sue opere da parte di Netflix, alcune parole ed espressioni nei suoi libri sono stati modificati per renderli più inclusivi in quanto, secondo alcuni, potevano essere visti come razzisti o insensibili. Alcuni hanno visto in questi cambiamenti un tentativo necessario o comunque accettabile di aggiornare le opere per le nuove generazioni, mentre altri li hanno pesantemente criticati come forme di censura che potrebbero alterare lo spirito originale dei testi.​​

Film famosi

poster di via col vento
Foto di Elycefeliz

Nel giugno 2020, in seguito alle proteste per la morte di George Floyd, la casa di produzione HBO ha rimosso temporaneamente dal suo catalogo la pellicola di Via col vento, uno dei film più famosi di tutta la cinematografia americana, con la seguente spiegazione:

Via col vento è un prodotto di quell’epoca e racconta alcuni dei pregiudizi etnici e razziali del periodo che, purtroppo, sono stati all’ordine del giorno all’interno della società americana. Queste raffigurazioni razziste erano sbagliate allora e sono sbagliate oggi e abbiamo sentito che mantenere questo titolo senza una spiegazione e una denuncia di quelle rappresentazioni sarebbe stato irresponsabile.

Dumbo, Peter Pan e Aristogatti vietati ai minori di 7 anni da Disney perché “razzisti”, SKYTG24, 26 gennaio 2021

In seguito la pellicola è stata ri-aggiunta al catalogo con un’introduzione che contestualizzava e spiegava come il film negasse in maniera inaccettabile la schiavitù negli Stati del Sud dell’epoca.

Anche Grease, uno dei musical più celebri, ha subito molte critiche per alcuni elementi ritenuti “sessisti” e “omofobici”, soprattutto per i testi di alcune canzoni e per il comportamento di alcuni personaggi che promuoverebbero stereotipi di genere e bullismo. ​

Altri film celebri a cui sono stati aggiunti trigger warning sono:

  • alcuni film classici della serie di James Bond 007 (Goldfinger e You Only Live Twice), per alcuni stereotipi razziali e linguaggio datato;
  • Breakfast at Tiffany’s, per una rappresentazione stereotipata e offensiva degli asiatici;
  • West Side Story, per rappresentazioni stereotipate dei latinos e violenza;
  • Psycho, per violenza, omicidio e tematiche di malattia mentale;
  • Lawrence of Arabia, per rappresentazioni culturali stereotipate;
  • To Kill a Mockingbird, per il linguaggio razzista;
  • The Graduate, per temi sessuali espliciti e adulterio;
  • Guess Who’s Coming to Dinner, per tematiche di razzismo e relazioni interrazziali;
  • The Jazz Singer, il primo lungometraggio parzialmente sonoro che include scene di blackface, considerate oggi offensive e razziste.

Critiche alla Cancel Culture

cancel culture controversie

Vediamo di seguito alcune critiche che sono state rivolte alla Cancel Culture:

Libertà di espressione

Uno degli aspetti più controversi della Cancel Culture è il suo impatto sul discorso pubblico e sulla libertà di espressione, con molte persone che si auto-censurano per paura di ripercussioni. Un altro rischio rilevato da alcuni osservatori è la creazione di una mentalità di massa in cui si segue l’idea corrente o un gruppo di persone senza comprendere appieno situazione e contesto, minando così la diversità delle opinioni e la ricerca di nuove idee​​.

Nel luglio 2020 è stata pubblicata una Lettera Aperta (A Letter On Justice And Open Debate) su Harper’s Magazine firmata da 150 intellettuali, scrittori e personalità del mondo accademico, fra cui nomi noti come J.K. Rowling (l’autrice di Harry Potter), Salman Rushdie (scrittore e saggista), Noam Chomsky (filosofo, linguista e scienziato cognitivista) e Garry Kasparov (ex campione del mondo di scacchi e attivista politico).

La lettera criticava la tendenza verso l’ostracismo e la censura nel dibattito pubblico. I firmatari sostenevano che la risposta più adeguata alle idee ritenute sbagliate dovrebbe essere l’esposizione, la discussione e la persuasione tramite argomentazione, piuttosto che il tentativo di silenziare o cancellare le opinioni altrui.

Ammonendo contro il pericolo di “una nuova serie di standard morali e schieramenti politici che tendono a indebolire il dibattito aperto in favore di un conformismo ideologico“, la lettera sottolineava l’importanza di un dibattito aperto per una società libera, aspetto capitale per la democrazia.​

Critica al trigger warning

Anche la pratica di aggiungere un disclaimer all’inizio di un film, di un corso universitario o di uno spettacolo teatrale è stata sottoposta ad alcune critiche, riconducibili generalmente alle seguenti 4 argomentazioni:

  • Effetto contrario: molti studi suggeriscono che i trigger warning potrebbero non essere efficaci nel prevenire il disagio emotivo e, in alcuni casi, potrebbero addirittura aumentare l’ansia anticipatoria nei soggetti già sensibili a determinati argomenti.
  • Medicalizzazione del disagio: l’uso dei trigger warning è stato anche interpretato come una medicalizzazione eccessiva di reazioni emotive normali, suggerendo che ogni forma di disagio debba essere evitata o gestita attraverso avvertimenti. Inoltre, nei casi di persone che hanno subito un trauma, tali avvisi potrebbero rivelarsi controproducenti in quanto impedirebbero di elaborarlo.
  • Effetti sul dibattito accademico e la libertà di espressione: un’altra critica comune riguarda l’impatto dei trigger warning sulla libertà accademica. Alcuni educatori temono infatti che questi avvisi possano limitare la discussione di argomenti controversi, incidendo negativamente sull’apprendimento e sulla libertà di insegnamento.
  • Praticabilità e implementazione: determinare quali contenuti richiedano un trigger warning può essere soggettivo e variabile, rendendo difficile stabilire standard chiari per l’implementazione. Questo può portare a una certa arbitrarietà nell’uso dei trigger warning, rendendoli meno utili o ignorati.

Rapporto con il passato

Un’altra significativa conseguenza è quella che va a incidere direttamente sulla storia e sulla possibilità di instaurare un rapporto costruttivo con il passato.

Con la Cancel Culture, il paradigma classico di conoscere il passato per imparare da esso viene messo in crisi; a esso si preferisce piuttosto la possibilità di censurare la storia per non esserne negativamente scossi, offesi o influenzati. Inevitabilmente si pongono domande sull’utilità di una disciplina storica così intesa; anche il paradigma dell’oggettività decade se il passato non è qualcosa da cui si può imparare ma qualcosa da censurare per poi scegliere a piacimento cosa sia adeguato trasmettere o meno.

Al tempo stesso i più acerrimi sostenitori della Cancel Culture mostrano un approccio anacronistico alla storia, che non tiene conto del differente contesto storico e della complessità degli avvenimenti del passato, tendendo così a giudicare un fatto storico con gli standard del presente. Ecco un esempio in proposito sulla rimozione delle statue e dei monumenti in seguito alle proteste per l’omicidio di George Floyd:

[…] questi monumenti rappresentano persone “figlie del loro tempo”, i cui comportamenti e le cui convinzioni vanno contestualizzati e non giudicati con gli standard del XXI secolo.

In tanti accusano chi sostiene la distruzione delle statue di fare un’operazione semplicistica, che distingue binariamente la storia tra buoni e cattivi, rifiutando narrazioni e posizioni che invece vorrebbero dare più complessità a questi temi. 

E ricordano che ci sono lati poco conosciuti e sgradevoli per gran parte dei personaggi storici, anche i più insospettabili: dalle posizioni razziste verso gli africani di Gandhi al maschilismo di Martin Luther King.

Perché vengono abbattute le statue di Cristoforo Colombo, Il Post,12 giugno 2020

Assenza di compassione e perdono

L’incapacità di cogliere il contesto e la complessità della natura umana porta, secondo le parole del musicista Nick Cave, a un’intolleranza, un’incapacità di perdono, un approccio vendicativo e pauroso che ostacolano non solo la libertà di espressione ma anche l’intento creativo:

La misericordia è un valore che dovrebbe essere al cuore di ogni società funzionante e tollerante. La misericordia riconosce in definitiva che siamo tutti imperfetti e, facendo ciò, ci consente l’ossigeno per respirare — sentirsi protetti all’interno di una società, attraverso la nostra reciproca fallibilità. Senza misericordia una società perde la sua anima e si autoconsuma.

La tolleranza permette allo spirito di indagine la fiducia di vagare liberamente, di commettere errori, di autocorreggersi, di essere audaci, di osare dubitare e nel processo di imbattersi in nuove e più avanzate idee. Senza misericordia la società diventa inflessibile, paurosa, vendicativa e priva di umorismo.

Per quanto posso vedere, la cancel culture è l’antitesi della misericordia. Il politically correct è diventata la religione più infelice del mondo. […] certezza morale e ipocrisia privati ​​anche della capacità di redenzione. È diventata, letteralmente, una cattiva religione impazzita.

Il rifiuto della Cancel culture di confrontarsi con idee scomode ha un effetto asfissiante sull’anima creativa di una società. La compassione è l’esperienza primaria — l’evento del cuore — da cui emerge il genio e la generosità dell’immaginazione.

Why cancel culture destroys the creative soul, The Spectator, 31 December 2020

Un Consiglio Importante:
Ricordati l’assicurazione sanitaria, non farla potrebbe rovinarti la vacanza in USA! Se non sai come orientarti nella scelta puoi leggere la nostra guida: Assicurazione USA: come scegliere la polizza migliore?

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