Black Lives Matter

Black Lives Matter: origini, storia e controversie del BLM

Maggio 6, 2024 /

L’espressione Black Lives Matter (in inglese “Le vite dei neri contano”) nasce nel 2013 come uno slogan, per poi diventare un hashtag e in seguito il nome dell’omonimo movimento, nonché dell’organizzazione nonprofit a cui fa capo, denominata Black Lives Matter Global Network Foundation, Inc.

Sotto il motto Black Lives Matter (abbreviato BLM) si riconoscono gli attivisti che lottano in difesa dei diritti della popolazione afro-americana, contro le discriminazioni e gli abusi da parte delle forze di polizia e del sistema giudiziario degli Stati Uniti. Ma che cos’è veramente il BLM? Cerchiamo di approfondire le origini e la storia di questo complesso fenomeno, le ragioni della sua popolarità, le controversie che lo hanno contraddistinto e anche le numerose critiche che ha ricevuto.

Origini di Black Lives Matter

Le origini di Black Lives Matter risalgono al 2013, quando George Zimmerman venne assolto dalle accuse di omicidio di secondo grado e di omicidio colposo nei confronti del giovane afro-americano Trayvon Martin, ucciso il 26 febbraio 2012. Ben presto apparvero sui social media i primi tweet con l’hashtag #blacklivesmatter, diffusi per iniziativa di tre donne afroamericane: Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi.

Colei che iniziò tutto fu Alicia Garza, che pubblicò un post che conteneva le seguenti parole:

Persone nere. Vi amo. Le nostre vite contano.

Alicia Garza

La sua amica Patrisse Cullors condivise subito il post aggiungendo l’hashtag #BlackLivesMatter che diventò subito virale, mentre l’attivista di New York Opal Tometi proseguì l’opera aprendo il sito BlackLivesMatter.com e la pagina Facebook dedicata, oltre a prendere i contatti con altri attivisti della nazione chiedendo di diffondere il più possibile lo slogan e di utilizzarlo come ombrello per raccogliere al suo interno tutte le forme di protesta.

Successivamente, nelle principali città degli USA, ebbero inizio le prime proteste a seguito di aggressioni a danno delle persone afro-americane, soprattutto quelle avvenute per mano delle forze di polizia. I casi che portarono il BLM ad attivarsi e a protestare sono molti, ecco 3 esempi che al tempo fecero molto scalpore:

  • Michael Brown, diciottenne afroamericano sospettato di furto ucciso il 9 agosto 2014 a Ferguson in Missouri dal poliziotto bianco Darren Wilson;
  • Eric Garner, afroamericano di 43 anni morto il 17 luglio 2014 a Staten Island, New York, in seguito a una presa di soffocamento messa in atto dal poliziotto della NYPD Daniel Pantaleo, durante un arresto per la vendita di sigarette illegali;
  • George Floyd, quarantasettenne afroamericano ucciso il 25 maggio 2020 a Minneapolis, in Minnesota, dall’agente di polizia Derek Chauvin, che lo aveva arrestato per utilizzo di banconota contraffatta.

Questi e altri casi videro gli attivisti del Black Lives Matter scendere in piazza a protestare, anche se non sempre pacificamente. Si verificarono infatti anche saccheggi, incendi e altri episodi di violenza che hanno portato alcuni americani a distaccarsi dal movimento, sebbene ne condividessero l’intento originario.

Cos’è Black Lives Matter? Struttura e organizzazione

BLM logo

Il movimento nel tempo non ha sviluppato una vera e propria struttura direttiva centrale ma negli anni ha esteso la propria organizzazione in molte sezioni locali. Seguendo il modello del community organizing, il BLM è di fatto gestito in modo decentralizzato, così da non avere dei veri e propri leader e da dare importanza alle comunità locali.

Il movimento fa riferimento all’organizzazione senza scopo di lucro creata dalle 3 fondatrici, Black Lives Matter Global Network Foundation, Inc., la quale però non intende esercitare un controllo sui membri del movimento, i quali operano senza struttura centrale o gerarchica: ciò che viene chiesto alle comunità locali è semplicemente l’impegno e il rispetto di alcuni principi di fondo.

Uno degli attivisti di primo piano del movimento ha affermato che il BLM “comprende tutti coloro che dichiarano pubblicamente che le vite dei neri contano e dedicano il loro tempo e la loro energia di conseguenza”. La stessa assenza di leader o figure gerarchiche è fortemente voluta per evitare quello che è successo in passato durante l’epoca del movimento per i diritti civili, quando gli omicidi di figure come Martin Luther King o Malcolm X avevano destabilizzato le stesse organizzazioni.

Oltre alla fondazione, vi sono altre 2 entità collegate al BLM:

  • Black Lives Matter Political Action Committee (PAC): comitato di azione politica creato con l’intento apposito di sostenere candidati che si fanno portatori delle istanze del movimento;
  • Black Lives Matter Grassroots: divisione affiliata alla fondazione che si concentra sull’attivismo a livello locale;

Il termine Black Lives Matter, nato come slogan e hashtag, è poi diventato una sorta di ombrello sotto al quale si sono andate a posizionare anche altre associazioni e attivisti, e si inscrive in un insieme ancora più vasto, quello del Movement for Black Lives (M4BL), una coalizione che raccoglie più di 50 gruppi a sostegno delle comunità afroamericane negli Stati Uniti.

Principi e obiettivi del BLM

storia black lives matter

La Mission del movimento Black Lives Matter viene riportata a chiare lettere sul sito ufficiale:

La Black Lives Matter Global Network Foundation, Inc. è un’organizzazione globale presente negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada, la cui missione è quella di sradicare il suprematismo bianco e costruire un potere locale per intervenire nella violenza inflitta alle comunità Nere dallo stato e dai vigilantes. Combattendo e contrastando atti di violenza, creando spazi per l’immaginazione e l’innovazione Nera, e ponendo al centro la gioia Nera, stiamo ottenendo miglioramenti immediati nelle nostre vite.

Sebbene il principale ambito di interesse del movimento siano gli afroamericani vittime della brutalità delle forze di polizia e delle falle del sistema giudiziario americano, BLM si propone di muoversi anche su altri aspetti in nome dell’inclusività, come “le persone queer e trans Nere, i disabili, le persone prive di documenti, quelle con precedenti penali, le donne e tutte le vite dei Neri lungo lo spettro di genere“.

Il simbolo del Black Lives Matter

simbolo di black lives matter

Gli attivisti del Black Lives Matter spesso sfilano per le strade con il pugno alzato e proprio un pugno nero è diventato il simbolo del movimento americano. Questa immagine compare frequentemente su cartelloni e striscioni ma ha una lunga storia alle spalle.

Il logo era già stato utilizzato dal Black Panther Party, un’organizzazione politica nata nel 1966 per difendere i diritti civili degli afro-americani ma, a differenza di Martin Luther King, le Pantere Nere non rifiutavano la violenza come forma di lotta. Uno dei momenti più significativi si è avuto nel 1968 alle Olimpiadi di Città del Messico. Durante la cerimonia di premiazione, gli atleti John Carlos e Tommie Smith indossarono dei guanti neri e al momento dell’inno alzarono entrambi il pugno.

Lo stesso Nelson Mandela, quando fu scarcerato nel 1990 dopo 27 anni di prigione, sollevò il pugno verso sua moglie in segno di trionfo. Negli anni questo simbolo ha accompagnato vari tipi di protesta contro il razzismo e dal 2013 è diventato l’emblema del Black Lives Matter.

Il caso di George Floyd

murale di George Floyd

Fra i casi più noti che hanno dato notorietà al BLM vi è sicuramente quello di George Floyd, che merita di essere approfondito per l’eco mediatica che ha avuto e per le conseguenze a cui ha portato.

“I Can’t Breathe” sono le ultime parole dette nel maggio del 2020 a Minneapolis da George Floyd, un afroamericano di 47 anni ucciso da un agente di polizia che in un fermo gli tenne premuto il ginocchio sul collo e, ostruendo il flusso sanguigno, ne provocò la morte.

La vicenda riaccese i riflettori sul problema del razzismo in America, portando a marce, sit-in, fiaccolate e proteste di piazza. La morte di George Floyd scatenò però anche rivolte e saccheggi per le strade, tanto che in molte metropoli americane venne dichiarato il coprifuoco e allertata la Guardia Nazionale.

Chi era George Floyd?

George Floyd aveva 46 anni ed era originario del Texas. Dopo il diploma ottenuto nel 1993 si era dedicato alla musica, diventando membro di un gruppo rap. Nel 2007 era stato arrestato per rapina e condannato in seguito a 5 anni di reclusione.

Nel 2014 George Floyd si spostò in Minnesota e iniziò a lavorare come guardia notturna a Minneapolis. Padre di due figli di 6 e 22 anni, poco prima di morire aveva perso il lavoro a causa dell’epidemia di coronavirus ed era in difficoltà economiche negli ultimi tempi.

La morte di George Floyd in Minnesota

La morte di George Floyd a Minneapolis è avvenuta il 25 maggio 2020. Quel giorno i poliziotti erano stati allertati in seguito alla denuncia per un tentativo di pagamento con banconote false da parte di Floyd presso il negozio Cup Foods. La prima volante della polizia fermò l’uomo e gli ordinò di scendere dall’auto. Secondo i testimoni non avrebbe opposto resistenza e sarebbe stato ammanettato senza difficoltà.

Nel frattempo era arrivata anche una seconda auto con altri agenti e poi una terza. Da quest’ultima scesero gli agenti Thao e Chauvin che fecero sdraiare George Floyd faccia a terra. Chauvin lo bloccò facendo pressione con il ginocchio sul collo per quasi 10 minuti ed è a questo punto che Floyd iniziò a sentirsi male e a pronunciare le parole “I Can’t Breathe”.

L’uomo lamentava difficoltà a respirare ma nessuno gli prestava attenzione. Dopo che ebbe perso coscienza fu subito allertata un’ambulanza ma non ci fu niente da fare poiché George Floyd morì in ospedale alle 21:25 di quella sera.

Poche ore dopo si sollevarono numerose polemiche in quanto si erano diffusi dei video Youtube che riprendevano il momento dell’arresto per la strada. Non è stato semplice ricostruire gli avvenimenti di quel giorno e alcuni elementi sono stati chiariti grazie alla ricostruzione del New York Times. Fondamentali sono stati i video amatoriali girati dai passanti e quelli delle telecamere di sicurezza.

Dopo la morte di Floyd il sindaco di Minneapolis decise di licenziare i 4 agenti coinvolti nella tragedia, i quali vennero poi incriminati per omicidio colposo. Al tempo stesso negli Stati Uniti si è innescato un acceso dibattito politico sulle forze di polizia e sulla necessità di una decisa e profonda riforma del sistema che impedisca abusi di potere.

George Floyd e il Black Lives Matter

La morte di George Floyd dette via a una forte ondata di proteste pacifiche ma anche violente che hanno scosso tutto il territorio degli Stati Uniti. Le prime manifestazioni ebbero inizio il giorno dopo l’accaduto, in seguito alla diffusione virale dei filmati che mostravano l’aggressione subita da Floyd.

Da Minneapolis l’onda del Black Lives Matter si estese a macchia d’olio in tutto il Paese, coinvolgendo le principali città americane come New York, New Orleans, Miami, Los Angeles, Boston, Las Vegas, San Francisco, Atlanta, Phoenix, Seattle, Dallas, Chicago e molte altre.

Purtroppo in molte occasioni i raduni degenerarono in assalti, scontri con la polizia e saccheggi dei negozi. Il presidente Trump scelse di schierare l’esercito a Washington DC per contrastare le azioni dei manifestanti avvenute a poca distanza dalla Casa Bianca.

Il resto del mondo non rimase indifferente alla morte di George Floyd e in diversi Paesi si svolsero marce e proteste contro il razzismo. Intanto sui social si avviò un passaparola senza precedenti, con una serie di attività volte a sensibilizzare le persone sul tema delle discriminazioni razziali.

Moltissime personalità del mondo sportivo si mobilitarono in prima persona per non spegnere l’attenzione su George Floyd e il Black Lives Matter. I giocatori dell’NBA, capitanati dalla stella Lebron James, appoggiarono ufficialmente le iniziative del movimento attivista e molti di loro presero l’abitudine di inginocchiarsi durante l’inno nazionale.

Allo stesso modo, il campione di F1 Lewis Hamilton si dimostrò solidale con George Floyd e il Black Lives Matter, coinvolgendo i suoi colleghi piloti e i membri dei vari team. Invece i principali campionati di calcio d’Europa sostennero la causa indossando magliette celebrative o stampando la frase sulle divise ufficiali di gioco.

Defund the police

Defund the Police

A seguito della morte di Floyd si è diffuso fra gli attivisti del movimento lo slogan Defund the police, che richiedeva la riduzione (talvolta drastica) del budget assegnato alle forze di polizia, in modo da poterlo riallocare in altri settori come alloggi, sanità, cure mentali, istruzione ecc…

L’idea di fondo, oltre all’indignazione per i soprusi compiuti da alcuni membri delle forze di polizia, era quella che investire su programmi comunitari avrebbe fornito un deterrente migliore alla delinquenza rispetto alle forze dell’ordine stesse. Con questo slogan alcuni si limitavano a richiedere una riduzione marginale dei fondi, altri un vero e proprio disinvestimento totale. Questo ha indotto alcuni osservatori a identificare parte del BLM come un movimento anarchico e anti-polizia.

Alcune amministrazioni cittadine hanno portato avanti forme di de-finanziamento delle forze dell’ordine in seguito alle proteste del BLM, tuttavia sono dovute tornare sui propri passi in seguito all’aumento di criminalità registrato.

Implicazioni culturali: Wokeness, Cancel Culture e CRT

Il documentario Stay Woke: The Black Lives Matter Movement

Le implicazioni culturali del Black Lives Matter sono significative, tanto da aver esercitato un’influenza su differenti strati della società americana. Gli influssi più importanti riguardano la cosiddetta “cultura Woke”, la prassi della Cancel Culture e la disciplina accademica Critical Race Theory.

Woke” è un termine che indica la necessità di avere consapevolezza in merito a questioni sociali, specialmente quelle legate alla giustizia razziale. Diventò molto popolare a partire dal 2014, quando gli attivisti del Black Lives Matter lo adottarono nell’ambito della campagna di protesta del caso Michael Brown, e ispirò anche il titolo del film documentario del 2016: Stay Woke: The Black Lives Matter Movement (vedi il video sopra).

Il termine Woke si è poi allargato come campo d’azione, andando a indicare la consapevolezza sociale anche in contesti non necessariamente legati alle comunità afroamericane, come ad esempio le discriminazioni imputabili a sessismo, o quelle subite dalle comunità LGBT, da minoranze e da altri soggetti storicamente sotto-rappresentati.

Nel tempo, proprio nell’ambito della cultura woke, si è assistito a non pochi episodi di estremizzazione della battaglia per il politicamente corretto, i quali hanno portato a episodi di censura di opere del passato e di punti di vista personali, andando a minare la libertà di espressione.

In molte scuole e università si sono chiusi corsi e allontanati professori per aver espresso opinioni che non erano allineate al politically correct o che comunque avrebbero turbato le sensibilità di alcuni. Per questi casi è stata coniata l’espressione Cancel Culture, la prassi che prevede di boicottare e censurare le opinioni non ritenute accettabili o potenzialmente offensive.

Ma non ci si limita solo a questo: come accennato, la Cancel Culture prende di mira anche le opere del passato, fra cui anche i capisaldi della cultura universale come Shakespeare, Omero e Newton, in quanto portatori di una visione della storia occidentalista, fatta dal punto di vista dei bianchi, e quindi da decentrare e “decolonizzare”. Per maggiori approfondimenti potete leggere il mio articolo sulla Cancel Culture americana.

Alla visione tradizionale occidentale viene contrapposta una lettura alternativa della storia e della cultura, i cui cardini sono dettati dalla Critical Race Theory (CRT, “Teoria Critica della Razza”), una disciplina accademica che ha ispirato e influenzato molti degli attivisti del BLM.

Secondo la CRT, la legge e le istituzioni degli States sarebbero intrinsecamente razziste in quanto create per mantenere le disuguaglianze fra bianchi e non bianchi; inoltre tutta la storia sociale e politica americana dovrebbero interamente essere rilette alla luce dell’elemento razzista, classificando gli individui in 2 gruppi sostanziali: gli oppressori e le vittime.

Molti hanno fatto notare che tale impostazione, oltre a proporre un’interpretazione riduttiva di fenomeni sociali complessi, nasconda l’intento di instillare volontariamente sensi di colpa nei giovani bianchi e sentimenti di vittimismo e vendetta nei giovani afroamericani, insegnando agli studenti a odiarsi a vicenda e fornendo al contempo una distorsione della comprensione storica, nonché una palese limitazione al dibattito accademico. Gli stessi concetti di merito e oggettività sono messi in discussione dalla CRT in quanto funzionali alla creazione di una società razzista e ingiusta.

Vandalizzazione e rimozione di statue e monumenti

La Cancel Culture, come detto, prende di mira le opere del passato, e quindi anche monumenti, memoriali e statue considerati espressione di una tradizione razzista o schiavista. Questo ha portato numerosi aderenti al movimento del Black Lives Matter a chiederne la rimozione, oppure a distruggerli in prima persona (o anche solo a vandalizzarli).

Questi episodi si sono verificati soprattutto in seguito all’omicidio di George Floyd: basti pensare che nel 2020 si contano ben 94 monumenti rimossi contro i 4 dell’anno precedente (fonte Wikipedia) mentre secondo l’Huffington Post, già nell’ottobre del 2020 si erano rimossi o rinominati più di 100 simboli confederati.

Furono proprio i monumenti dei Generali Confederati a essere presi di mira per primi, ma la protesta si allargò ben presto anche ad altre figure storiche, portando alla rimozione di statue di Cristoforo Colombo, del missionario Junípero Serra e dell’uomo di frontiera Kit Carson, e non si risparmiò neppure presidenti americani come George Washington, Thomas Jefferson e Ulysses S. Grant.

Sviluppo, popolarità e declino del BLM

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Incidenti durante le proteste del BLM a Los Angeles il 30 maggio 2020

Dalla sua nascita, il movimento Black Lives Matter ha conosciuto una crescita esponenziale, tanto che il New York Times ne ha parlato come “il più grande movimento nella storia”. Le manifestazioni seguite alla morte di George Floyd hanno radunato fra le 15 e le 26 milioni di persone, le donazioni hanno raggiunto la soglia di 90 milioni di dollari e il movimento ha conosciuto anche un’importante diffusione internazionale.

Non solo, alcuni risultati che il movimento ha portato a casa la dicono lunga sulla sua influenza: dalle amministrazioni cittadine che hanno ridotto i finanziamenti alle forze di polizia, all’introduzione dell’insegnamento della Critical race theory in alcune scuole e università americane.

Ma improvvisamente la crescita esponenziale del BLM sembra essersi interrotta, anzi la popolarità del movimento sembra oggi in declino. Lo asseriscono 2 studi: il primo condotto da Newsweek sulle tendenze di ricerca Google; il secondo realizzato da Pewresearch con un sondaggio dell’aprile 2023.

Newsweek ha messo in luce come, dopo l’esplosione delle ricerche su Google in seguito alla morte di Floyd, i volumi sono calati enormemente assestandosi di fatto sui numeri degli inizi del movimento.

Il sondaggio di Pewresearch riporta invece come il gradimento del movimento sia crollato dal 67% del 2020 al 51% del giugno 2023 e altri dettagli sembrano peggiorare la situazione:

  • solo il 32% delle persone intervistate afferma che il BLM sia stato efficace nel portare l’attenzione sul razzismo contro gli afroamericani;
  • solo l’8% si dice convinto che il movimento abbia portato un miglioramento nelle vite degli afroamericani;
  • appena il 7% pensa che l’operato del BLM sia stato rilevante per migliorare i rapporti fra le differenti etnie negli Stati Uniti;
  • solo 31% degli americani afferma di comprendere in modo chiaro gli obiettivi del movimento Black Lives Matter.

Le stesse “conquiste” descritte poco sopra vengono adesso messe in discussione: le città che avevano cercato di attuare lo slogan Defund the police tornano indietro, mentre la disciplina antirazzista Critical race theory, che si è insediata in alcune università e scuole americane, ha prodotto notevoli frizioni sociali.

Anche dal punto di vista finanziario si sono registrati dei problemi che hanno indotto una delle 3 fondatrici, Patrisse Cullors, a dimettersi nel 2021 dopo essere stata accusata di utilizzo delle donazioni a scopo personale e gestione finanziaria poco trasparente. Questo tipo di problematiche ha fatto sì che la fondazione di Black Lives Matter venisse espulsa dalla piattaforma di beneficienza di Amazon.

Critiche e aspetti controversi

Oltre al calo di popolarità e alle problematiche di trasparenza finanziaria, il movimento ha ricevuto altre critiche da parte di molti osservatori:

  • Violenza delle manifestazioni: soprattutto nella prima fase delle proteste contro l’omicidio di Floyd si sono verificati episodi come saccheggi, distruzione di proprietà, atti di vandalismo, incendi, feriti e morti accidentali (ecco la lista completa su Wikipedia). I dati dicono che le manifestazioni si sono fatte via via più pacifiche ma questi episodi hanno creato nelle persone grandi perplessità sui reali intenti del movimento.
  • Strumentalizzazione e mancato sostegno finanziario: molte famiglie delle vittime hanno criticato il BLM per avere in qualche modo strumentalizzato e tratto profitto dalle morti dei loro cari senza svolgere effettive attività di sostegno e aiuto economico nei loro confronti.
  • Ideologia anti-polizia: molti oppositori del movimento pensano che il vero scopo del movimento non sia quello di proteggere i diritti degli afroamericani ma di fomentare l’odio contro la polizia. Gli stessi afroamericani hanno criticato il movimento per la campagna Defund the Police in quanto pericolosa anche per la stessa comunità nera.
  • Impatto divisivo e frizioni fra le etnie: l’ideologia dell’antirazzismo promulgata da molti attivisti è stata criticata in quanto avrebbe dato vita a comportamenti discriminatori definiti da alcuni come “razzismo inverso”, portando in qualche modo a giustificare il razzismo contro i bianchi.
  • Repressione della libertà accademica: molte personalità del mondo accademico hanno denunciato svariati tentativi degli attivisti del BLM di silenziare opinioni diverse da quelle del movimento e di reprimere così la libertà e il dialogo accademico (a titolo esemplificativo si può vedere quello che è accaduto nell’Università di Princeton nel 2020).
  • Cancel Culture: fenomeni come la rimozione di statue o monumenti e la censura di opinioni contrarie alle proprie convinzioni rientrano dentro la diffusa prassi definita Cancel Culture, che, oltre a porre serie problematiche sulla libertà di espressione, ne pone altrettante sull’approccio storiografico e su come ci si debba relazionare con il passato.
  • Risultati insufficienti: il tentativo di riformare il corpo di polizia americano non sembra aver portato cambiamenti legislativi significativi; la proposta confezionata a questo scopo (George Floyd Justice in Policing Act) non è stata approvata.
  • Ideologia Marxista: Patrisse Cullors ha dichiarato di essere stata educata ai principi del marxismo e che queste convinzioni appartengono anche a un’altra delle co-fondatrici del movimento. Simili dichiarazioni hanno portato alcuni osservatori repubblicani a identificare tutto il movimento come intrinsecamente Marxista. A tale accusa altri osservatori hanno risposto che in realtà sono ben pochi gli aderenti al movimento che si identificano come marxisti.

Differenze fra BLM e Movimento per i Diritti Civili

Discorso di Martin Luther King Jr., 28 agosto 1963, Washington DC

La comune difesa per i diritti degli afroamericani ha portato a vedere il BLM e il Movimento per i Diritti Civili guidato da Martin Luther King negli anni ’60 come simili, tuttavia sussistono delle differenze di fondo che alcuni osservatori hanno portato all’attenzione:

Martin Luther King, nel suo famoso discorso davanti al memoriale di Abramo Lincoln, nel 1963, disse che occorreva incassare la cambiale depositata dai padri fondatori, quella dove è detto che sono verità autoevidenti che tutti gli uomini sono creati uguali e hanno diritto alla libertà e alla ricerca della felicità. L’America, pensava King, dopo un lungo percorso infine avrebbe raggiunto quell’ideale, che ancora non si era realizzato nella storia. Lui credeva profondamente nell’ideale americano, tanto che citava Thomas Jefferson, uno dei principali autori della dichiarazione di indipendenza.

Invece Black Lives Matter distrugge le statue di Thomas Jefferson perché era un proprietario di schiavi del Sud, ma in quel gesto c’è anche un rifiuto del progetto americano come tale. Questo è il sentimento dominante nelle piazze che si sovrappone a quello di chi legittimamente chiede uguaglianza di diritti, come al tempo del movimento per i diritti civili. Si ripropone la spaccatura di un tempo fra i due grandi leader afroamericani della seconda metà degli anni Sessanta, Martin Luther King e Malcolm X.

Il secondo esprimeva il radicalismo che contestava il progetto stesso dell’America e che si poneva l’obiettivo della sua distruzione, in quanto sistema intimamente strutturalmente ingiusto e oppressivo, e non semplice tradimento di ideali buoni, veri e condivisibili. King, imbevuto di sentimento cristiano, essendo un pastore battista, sosteneva che anche le sofferenze erano parte di un percorso che portava a compimento i grandi ideali americani. Oggi il modello che ha vinto nel mondo afroamericano del 2020 è Malcolm X.

Mattia Ferraresi, intervista a “Tempi” del 20/07/2020

In sintesi Black Lives Matter si presenta come un fenomeno assai complesso: mentre sono indiscutibili i suoi meriti nell’aver riacceso i riflettori sui problemi di razzismo negli Stati Uniti, i metodi e le implicazioni culturali e ideologiche inerenti al movimento stesso suscitano diverse problematiche e controversie.


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lorenzo puliti
lorenzo puliti

Affascinato dagli States fin da piccolo ho poi scoperto che c’era molto altro da scoprire… e da lì non ho più smesso

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